Manifesto Politico Stampa

Premesso che il Comitato 1° Maggio ritiene fondamentale la stesura di un documento programmatico che individui priorità e azioni conseguenti, rivendichiamo:

Al primo punto inseriamo quello che per noi è l’obbiettivo previsto dallo Statuto e cioè il riconoscimento della dignità e dei diritti dei lavoratori non attivi, precari e esodati. Il lavoratore che esce dal circuito produttivo per licenziamento o mobilità, è in genere un lavoratore di età compresa fra i 50 e i 60 anni, difficilmente ricollocabile, ha in genere figli ancora allo studio o in cerca di prima occupazione, o che se lavorano sono lavoratori precari. Rifiutiamo nettamente la logica proposta dall’attuale Governo* che introduce un lotta generazionale, invitando i figli a “ribellarsi” ai genitori che hanno il posto garantito (infatti si vede!), per conquistarsi a loro volta un posto di lavoro (che mai più sarà sicuro) e che invita poi i genitori a trovarsi un “lavoretto” in nero (continuando ad alimentare quella zona di lavoro nero e di evasione fiscale e contributiva) salvo poi, se scoperto, procedere con il braccio pesante della legge che elimina la mobilità, i contributi e quant’altro perché in quel caso la "legge e la legge".

Il secondo punto, strettamente collegato al primo punto, cioè il riconoscimento dello status di lavoratore non attivo attraverso la definizione di modalità per la  costituzione di una rappresentanza sindacale dei lavoratori in mobilità (e anche esodati), al fine di garantire la tutela della dignità e dei diritti di questa “non-categoria”, oltrechè attraverso idonei sistemi di rappresentanza consentirne la partecipazione all’attività e al movimento sindacale nelle forme più ampie ed adeguate anche negli organismi dirigenti della federazione di categoria.

Terzo punto, non in ordine di importanza, è la battaglia che porteremo avanti utilizzando gli strumenti sindacali, politici, di lotta e di azione legale, per introdurre l’ adeguamento annuale dell’importo dell’indennità di mobilità all’indice ISTAT e abolire la riduzione di tale importo dopo i primi 12 mesi di erogazione. Infatti, a differenza del lavoratore collocato in CIGS, il lavoratore collocato in mobilità, dopo 12 mesi passa all’80% della mobilità percepita e senza percepire la rivalutazione ISTAT (come avviene per il lavoratore in CIGS e tutti gli altri istituti e forme di ammortizzatori sociali), e l’importo non verrà più rivalutato per tutti gli anni di permanenza in mobilità (che nel caso della mobilità lunga vuol dire fino a 7- 10 anni).

Quarto punto è il sostegno ed il supporto fattivo a tutti i lavoratori in mobilità, in CIG/CIGS, precari, esodati e in pensione, nei confronti delle controparti padronali, della burocrazia, dei Ministeri, degli Istituti di previdenza e/o assistenza (INPS, INPDAP, ASL,ecc.) che non riconoscano al lavoratore non attivo o precario i suoi diritti, nonché l’impegno a difendere la dignità e i diritti di tutti.  

 

* Nella prima stesura di questo documento ci riferivamo al governo Berlusconi, ma l'attuale governo Monti è perfettamente "intercambiabile"